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INTRODUZIONEClick to read
Gestire un colloquio di orientamento con immigrati in situazione di vulnerabilità a causa del percorso migratorio, delle scarse competenze linguistiche e delle insufficienti conoscenze del contesto culturale e professionali del paese di arrivo, fa emergere molte domande. Abbiamo provato a formularne tre, a partire dalla riflessione di come si può scomporre un colloquio di orientamento e quali competenze sono da integrare adottando un approccio “transculturale”. Con questo termine si intende l’assunzione e la condivisione dei seguenti punti: l’acquisizione di una attitudine al decentramento; la collaborazione con altre professionalità e campi di sapere; la messa in atto di modifiche organizzative e soluzioni facilitanti la comunicazione. Ne è risultata una specie di Guida al colloquio, per il carattere direttivo e pratico dei suggerimenti. Ma allo stesso tempo si presenta come strumento di autoformazione per le finestre teoriche che invita ad aprire e approfondire. I 3 punti di domanda sono i seguenti e rappresentano un po’ una sintesi del percorso:
In sintesi, lo strumento si compone di:
Questa risorsa è a disposizione degli operatori che si occupano di orientamento e formazione, e l’invito è che le buone pratiche personali, le riflessioni sui temi proposti e le risorse create ad hoc trovino contesti di condivisione per arricchire e supportare al meglio le situazioni complesse. Questa risorsa è disponibile per i professionisti dell'orientamento e della formazione professionale; l'invito è che buone pratiche personali, riflessioni su temi proposti e risorse che tutti possono creare, possano trovare contesti di condivisione per arricchire e supportare nel miglior modo possibile situazioni complesse. STRUMENTO DI AUTOVALUTAZIONEClick to read
COMPETENZA 1Click to read
PREPARATI AL COLLOQUIO!Click to read
Identifica caratteristiche e condizioni culturali, personali e professionali dell’immigrato neo, arrivato tenendo conto delle caratteristiche del contesto di provenienza, nonché delle specificità personali e culturali
Come si prepara una buona accoglienza?Prima di ogni colloquio è utile dedicare qualche minuto alla raccolta delle informazioni a disposizione sulla persona che andremo ad orientare. Per facilitare questo è a disposizione una Checklist che, nella Sezione I, suggerisce che cosa può essere utile indagare o avere a portata di mano durante l’incontro (per es. cartine geografiche, mappe, foto, documentazioni…). Soprattutto scegli tra le risorse fornite nella sezione Strumenti di supporto all’acquisizione della competenza quelle che ti sembrano utili per gestire il colloquio o semplicemente per portare la tua attenzione nella sperimentazione di un nuovo strumento o approccio. L’utilizzo di risorse come le Country Fiches non servono solo ad avere un’idea generale del contesto di provenienza, ma permettono di memorizzare nomi di città, regioni, lingue, piatti tipici … che in mancanza di una conoscenza linguistica sufficiente possono rivelarsi delle chiavi efficaci. Per esempio: se si vuole sapere la città di provenienza e la domanda Da quale città vieni in Pakistan? non viene compresa, riformulando la richiesta con Vieni da … (Islamabad)? Vieni da (Gujarat?) spesso succede che l’interlocutore si apra a una comprensione. Quando si conosce poco la lingua il riconoscere un elemento noto è uno dei punti di svolta per fare ipotesi sul tipo di richiesta. Teniamo presente che, salvo eccezioni, la competenza linguistica di una persona che è nel paese di accoglienza da circa un anno potrebbe essere al massimo un livello A2 del QCRE. il che significa con poca autonomia di gestione del colloquio nella L2. Porta l’attenzione anche allo spazio. Il più delle volte i colloqui avvengono o in luoghi non predisposti alla funzione (es. una grande aula scolastica o la mensa) o in stanza stile ufficio in un “faccia a faccia” separati da un tavolo. La flessibilità e l’adattabilità è una qualità degli operatori del settore, ma è bene tenere a mente l’effetto positivo di un ambiente ordinato e accogliente. Basta anche solo una caraffa d’acqua e un bicchiere a disposizione per “rinfrescare” la situazione, soprattutto se i tempi del colloquio sono lunghi. Pur trattandosi sempre di una relazione asimmetrica tra operatore-utente nei rispettivi ruoli “di potere” (professionale, comunicativo, di status sociale) pochi accorgimenti possono contribuire a creare un clima di fiducia e di affidabilità. E’ bene sapere infatti che non per tutte le culture il rapporto uno a uno rappresenta la situazione ideale per aprirsi a confidenze e condivisioni. Non stupiamoci quindi che l’utente possa essere accompagnato da una o più persone e sta a te valutare di volta in volta l’inclusione o l’esclusione di questi accompagnatori nel colloquio di orientamento. A livello europeo sono attivi dispositivi che prevedono un setting gruppale e multiculturale, soprattutto nel settore della cura psichiatrica (vedi T. Nathan e M.R. Moro). Questi dispositivi possono esser usati in un’ottica di prevenzione della sofferenza, naturalmente adattati, anche in altri contesti. Si tratta di diffondere una cultura condivisa intorno a un approccio transculturale. Questo per aprirsi alla consapevolezza che per alcuni migranti solo la parola che circola in un gruppo appositamente riunito, e quindi condivisa da più persone, è la parola che ha valore. I gesti del primo incontro come il dare la mano, sorridere, guardare negli occhi, accompagnare con un gesto della mano … sono culturalmente connotati, cosi come le formule verbali introduttive agli incontri. Non si tratta di trasformare le nostre modalità d’interazione e di accoglienza in un colloquio, ma di prendere consapevolezza dei potenziali problemi di comunicazione interculturali. Per questo mettiamo a diposizione una risorsa molto utile e in divenire: La Mappa della Comunicazione Interculturale. Troverai i valori culturali, i linguaggi verbali e non verbali e gli eventi comunicativi di molte aree geografiche e culturali del mondo. La scelta dell’utilizzo del registro formale o informale (per esempio il “dare” del Lei o del Tu in italiano) è soggettiva, a seconda che si voglia ricreare un clima più o meno familiare. Innanzitutto è utile chiedersi come reagiremmo noi nella stessa situazione e qual è la motivazione che ci spinge alla scelta. Questo per dire che non è il registro in sé a rappresentare un ostacolo o a facilitare la comprensione, in quanto ai livelli iniziali l’attenzione è più sulle parole che portano significato: per esempio, tra che lingua parli? E che lingua parla? sono più significative le parole lingua e parl- che la desinenza del verbo. Infine, la voce. Non dimentichiamo che attraverso la voce esprimiamo un’energia comunicativa. Porta attenzione al tono della voce affinché sia abbastanza forte e chiaro da diventare un elemento facilitante la comprensione.
Ho un’idea…da sviluppare! L’apertura di un colloquio orientativo può avvalersi di strumenti rompi-ghiaccio dove è richiesta poca lingua, ma molta interazione non verbale. Per esempio, costruisci delle carte con delle foto o icone rappresentanti dei lavori e delle professioni. Chiedi al tuo interlocutore di scegliere le carte che appartengono alla sua esperienza. Fai la stessa cosa anche tu, contemporaneamente, e rappresenta il tuo percorso professionale. Puoi anche mettere le immagini in ordine di importanza oppure dividerle tra attività che piacciono o non piacciono.
Ulteriori risorse Mappa della Comunicazione Interculturale: disponibile in http://www.mappainterculturale.it
Quadro Comune Europeo delle Lingue (QCER): disponibile in COMPETENZA 2 Click to read
ORIENTA IL COLLOQUIO!Click to read
Interpretare/identificare disagi, esigenze e bisogni dell’utente in situazione di vulnerabilità relativamente allo specifico percorso e progetto migratorio, anche quando la padronanza linguistica è insufficiente per la narrazione. Come costruire una reciproca comprensione in un colloquio multiculturale?Nella Sezione II della Checklist puoi confrontarti con 7 punti di attenzione, che riguardano sia la comunicazione che gli atteggiamenti da tenere. Puoi sia scorrerla prima del colloquio che rivederla a fine colloquio per ripercorrerne le sequenze. Aggiungiamo qui un ulteriore punto di attenzione che riguarda le parole e l’uso che ne facciamo. Quando siamo immersi in uno spazio quotidiano (professionale, scolastico…), sia come professionisti che come cittadini, finiamo per utilizzare acronimi, sigle e termini locali con la naturalezza di chi li pensa universalmente comprensibili. Prendi l’abitudine di non dare nulla per scontato e, piano piano, creati una lista di quelle che sono le parole tecniche essenziali da condividere e assicurarsi la mutua comprensione. Prova a spiegarle e a definirle altrimenti o con immagini, se ne hai la possibilità procurati traduzioni o definizioni in più lingue: questo potrebbe essere un compito di gruppo tra operatori in momenti di autoformazione o di programmazione. Parlare in modo semplice e chiaro e usare in modo efficace il plurilinguismo sono i pilastri di un colloquio efficace, soprattutto se le fondamenta gettate sono state una buona accoglienza. Ritroverai alcuni consigli sfogliando i TOOLKIT (strumento 24, 25;29) o il materiale KILT (sequenza 6.2) della sezione Per Approfondire. Così come per le parole dobbiamo individuare i significati nascosti dietro il linguaggio tecnico, lo stesso può valere per le rappresentazioni culturali implicite, nei discorsi e nei comportamenti. Cominciando a non considerare neutre le nostre rappresentazioni, soprattutto quando di parla di servizi, regole organizzative e esperienze, possiamo aprirci e sviluppare l’attenzione verso quelle dei nostri interlocutori. La diversità degli universi culturali può rendere difficile lo stabilirsi di un rapporto di fiducia ma è con il rispetto e la comprensione della verità dell’altro che possiamo sviluppare competenza e alleanza con l’interlocutore. Entra quindi in un reale ascolto. Una tecnica comunicativa efficace è l’ascolto attivo, basata sull’accettazione e l’empatia e utile a promuovere l’espressione delle proprie emozioni e a saper ascoltare e percepire i sentimenti degli altri. Per questo allenati a cogliere ogni aspetto: postura, tono di voce, esitazioni, silenzi… E su questo aspetto delicato e pieno di fraintendimenti il consiglio è di cercare di mantenere sempre un contatto di presenza con l’utente, evitando di scrivere appunti o compilare continuamente moduli durante il colloquio; anche nel caso in cui avete la possibilità di usare un mediatore o un traduttore, rivolgi le tue domande o dai le informazioni sempre parlando direttamente al migrante, come potesse capirti agilmente. Prevedi piuttosto dei momenti di pausa o di autoriflessione, di entrambi (operatore e interlocutore), dedicati ad appuntare le osservazioni interessanti o rivedere i punti fissati per condurre il colloquio. Queste attenzioni aiutano a sviluppare l’attitudine al decentramento, e anche quando la logica di un discorso o di un comportamento sfugge alla nostra comprensione in quanto inserita in un codice diverso dal nostro, non entriamo nel giudizio. Ogni operatore che opera in contesti migratori, e ciò significa con persone che portano uno o più traumi migratori, (tutti in quanto è comune a tutti un momento di rottura dell’equilibrio fra l’individuo e l’ambiente che lo circonda), deve essere consapevole dell’ambivalenza che emerge nell’interazione e devono imparare a gestire le proprie reazioni emotive. Succede che ci siano narrazioni che entrano in risonanza con i vissuti dell’operatore suscitando sentimenti forti, emozioni viscerali (tecnicamente questo processo si chiama controtransfert): è fondamentale averne la consapevolezza e saper cogliere la differenza tra semplicemente modalità culturali diverse e invece la presenza di nodi problematici che richiedono aiuti terapeutici specifici.
Ho un’idea…da sviluppare! Come fare per far emergere i bisogni e le risorse di una persona che non riesce a esprimere il proprio mondo interiore con le parole? Un’idea potrebbe essere di passare attraverso la percezione del corpo. Costruisci con dei fogli di carta dei “bersagli”, a cerchi concentrici, abbastanza grandi da potersi posizionare sopra con il corpo. Al centro poni un’immagine/icona/parola che appartiene a quelle che secondo voi sono le sfere importanti per uno sviluppo armonico dell’uomo. Per es: la famiglia, la natura, l’amore, lo studio…. Chiedi all’utente di posizionarsi rispetto al bersaglio su ognuno dei temi scelti: quanto vicino? Quanto lontano? L’osservazione ti darà una rappresentazione del valore che l’interlocutore ha con le diverse aree. Di ognuna puoi indagare il significato soggettivo: es. cos’è per te la famiglia? Anche tu puoi fare la stessa cosa instaurando, anche se senza parole, un dialogo sui grandi temi della vita.
Ulteriori risorse Mappa della Comunicazione Interculturale: disponibile in http://www.mappainterculturale.it Quadro Comune Europeo delle Lingue (QCER): disponibile in https://www.coe.int/it/web/lang-migrants/cefr-and-profiles Portale del centro Babel e dell’Associazione Internazionale di Etno-Psicocoanalisi COMPETENZA 3Click to read
DAI VALORE AL COLLOQUIO!Click to read
Supporta l’utente nella valorizzazione delle proprie risorse e nella costruzione del proprio progetto professionale, attraverso un’efficace relazione d’aiuto Come essere di supporto alla rielaborazione linguistica e cognitiva del percorso di orientamento?Come elencato nella Sequenza III della Checklist il colloquio entra nella fase conclusiva. Trova un modo per far capire all’utente che siamo in questo importante passaggio. Può essere una parola, per esempio Adesso guardiamo insieme …Facciamo l’ultima cosa…. Oppure, se hai organizzato lo spazio con tre postazioni di lavoro diverse, semplicemente spostatevi fisicamente nello spazio nell’ultima tappa. Questa è una fase delicata, in cui, più che nelle precedenti, ti devi assicurare che il tuo ruolo funga da mediatore, da passeur, e metta in collegamento i confini tra i mondi, creando “passaggi” e “cunicoli” comunicativi. Se utilizziamo la metafora della casa, dopo le fondamenta e le colonne portanti, ora ci assicuriamo di poter passare da una stanza all’altra e da un piano all’altro, attraverso scale, porte e finestre… dal fuori al dentro e viceversa. Il concetto di “fuori” e “dentro” sono una di quelle categorie fortemente connotate culturalmente. Per esempio il pensiero occidentale fa coincidere il “dentro” con l’inconscio (guardati dentro, cosa senti dentro…), mentre, parlando in termini generali, per altre culture, per esempio quelle tradizionali africane, l’ignoto, la negatività, stanno “fuori” (stregoneria, possessione, veggenza…). Di conseguenza i racconti delle esperienze possono più facilmente strutturarsi sul questo versante del “fuori”, e quindi agite o determinate da forze o accadimenti esterni alla persona. La maggior parte delle realtà lavorative e formative si costruiscono intorno a una complessità che non permette sempre un agire autonomo dell’utente. Ci si perde tra moduli, uffici, prenotazioni da fare in rete o luoghi deputati a servizi specifici. Se vuoi che il tuo interlocutore diventi autonomo, devi trovare il modo di accompagnarlo nella comprensione delle cose urgenti da fare, di quelle meno urgenti ma fondamentali, di quelle opzionali ma che possono rivelarsi vantaggiose. Abbi cura di mettere a disposizione dell’utente mappe, risorse cartacee, risorse web… localizzandole nel territorio, individuando la modalità di presa di contatto, le funzionalità, i tempi e (se ci sono) i nomi e i contatti delle persone da incontrare: è una delle tante modalità che danno l’occasione di verificare comprensioni e incomprensioni rispetto ai nostri dispositivi di orientamento. Se riesci ad organizzare tutto in uno schema chiaro, ancor meglio su una lavagna interattiva o una mappa del territorio, puoi lasciare un po’ di tempo all’utente di identificare le informazioni che gli servono: già questa osservazione ti permette di valutare la sua autonomia nella competenza di lettura, nel riconoscimento di strade o di strutture del territorio, nell’intraprendenza e nella curiosità che ha verso il contesto in cui si trova. In questa fase l’operatore è un po’ un tessitore che cerca di riallacciare i fili tra le informazioni emerse nelle fasi precedenti e quelli che saranno i prossimi passi. Il tutto in un rapporto di co-costruzione insieme all’utente del percorso di orientamento. È il momento di attivare i collegamenti tra esperienze, aspirazioni e possibilità reali. Se si sono fatte delle attività visive (tabelle, cartelloni, fiches…) nelle fasi precedenti è questo il momento di riguardare il materiale e dare un senso al tutto. Lascia che sia il tuo interlocutore a provare a ri-narrare le immagini che ha scelto o segnalato durante il colloquio, e ascolta e rinforza le parole che usa senza cercare forzatamente di inserirne di nuove; apporta correzioni laddove è necessario e ad alta voce le parole che senti, esattamente le stesse, solo corrette se necessario, in modo da fissarle. Cerca di ripetere tutto il percorso per verificarlo con l’utente. Poi, insieme, vai a creare il nuovo progetto di vita e i passi da compiere ora: che cosa serve per studiare…? Dove cercare questo lavoro…? Come fare a..? Per i più competenti si possono riassumere gli obiettivi in una lista personale (per es. un minimo di 5 obiettivi a un massimo di 10), magari scritta in un grande post-it che l’utente porta con sé fino al prossimo appuntamento. L’uscire con in mano qualcosa di concreto è come aver firmato un patto, preso un impegno, e questo vale sia per l’operatore che per l’utente. Dopo tanto e prezioso tempo passato insieme, una stretta di mano qui è d’obbligo.
Ho un’idea…da sviluppare! La scarsa competenza linguistica può richiedere di pensare a forme alternative rappresentative della co-costruzione del percorso di orientamento. Un suggerimento può arrivare dalla riorganizzazione dei contenuti in mappe concettuali, o create ad hoc e cartacee o utilizzando strumenti come Cmaps Tools. Basta inserirvi immagini e parole chiave –questo dipende dall’alfabetizzazione del migrante – e condividere una forma rappresentativa del percorso che si sta attivando.
Ulteriori risorse Sono diversi gli strumenti per la creazione di mappe concettuali, a titolo di esempio ne elenchiamo alcuni: https://cmaptools.it.uptodown.com/windows http://www.spicynodes.org/index.html https://www.goconqr.com/en/mind-maps/ |
I competenza
Balboni E., Caon F. (2015). La comunicazione interculturale. Venezia: Marsilio
Council of Europe (2001). Common European framework of reference for languages. Cambridge: Cambridge University Press / Council of Europe. (1.3, 1.4, 4, 4.1.5, 4.2, 5.1.1, 5.1.1.2, 5.1.1.3, 5.1.2.2, 5.1.3, 8.1)
Jandt, F. (2010). An Introduction to Intercultural Communication. Thousand Oaks: Sage Publications
Lustig, M., Koester J. (2013). Intercultural Competence. Boston: Pearson
Neuliep W. (2009). Intercultural communication. Thousand Oaks: Sage Publications.
II competenza
III competenza
Twelvetrees A. (2006), Il lavoro sociale di comunità. Come costruire progetti partecipati. Trento: Erickson,